domenica 29 gennaio 2012

TUTTO QUELLO SARESTE FELICI DI SAPERE SULL’HAPPY HOUR: STORIA ED EVOLUZIONE DELL’APERITIVO.



Il primo aperitivo fu somministrato ad un paziente di Ippocrate. Già questo, almeno per me, é abbastanza ironico. Infatti, quello che oggi viene vietato in alcuni Paesi per combattere l’alcolismo e il binge drinking, paradossalmente, all’inizio era considerato come un medicinale in grado di curare la disappetenza.
La pratica di servire bevande alcoliche o non prima dei pasti, per solleticare le nostre papille gustative, era in epoca romana, un’usanza molto diffusa. Infatti, etimologicamente parlando, “aperitivo” deriva dal latino “aperire”, in quanto serviva per aprire lo stomaco. Pare che il detto “pancia mia fatti capanna” nacque dopo una flute di prosecco.  BAZINGA! (cit. The Big Bang Theory)
In Italia l’aperitivo, almeno secondo le mie fonti, diventa popolare alla fine del 1700, anche grazie al re Vittorio Emanuele II, testimonial ufficiale del Vermouth creato dal torinese Carpano. Si racconta che il liquore ebbe così tanto successo da diventare ospite irrinunciabile degli aperitivi ufficiali a corte e che si formavano file pazzesche di persone fuori dalla sua bottega 24 ore su 24 per sorseggiare la “aperitivosa” bevanda.
Tuttavia, l’aperitivo per noi italiani, prima che le usanze inglesi e americane attentassero per l’ennesima volta alla nostra linea, era solo liquido…poi sono arrivati gli stuzzichini e si è iniziato a parlare anche da noi di “eppiauar”. L’aggiunta del companatico ha preso sempre più una brutta piega, fino ad arrivare ad oggi, periodo in cui quando si pensa alla parola aperitivo, ci viene alla mente prima un mini panino infilzato da una bandierina sullo stecchino, poi, in un secondo tempo, un bicchiere di qualcosa.
Noi italiani abbiamo preso l’happy hour dalla cultura anglo-americana e ne abbiamo personalizzato e stravolto il concetto. Se in US e in UK l’happy hour almeno originariamente durava un’ora e si contrapponeva alle meno felici e più numerose “working hour”, da noi il lasso di tempo della contentezza è decisamente più lungo e va dal tardo pomeriggio fino alle 22/22.30. Inoltre, all’estero durante l’happy hour, che copre una fascia oraria morta per pub e bar, si offrono sconti e riduzioni speciali sul prezzo delle bevande mentre da noi avviene il contrario: gli aperitivi sono costosissimi e per tirarci su della perdita finanziaria che comporta un Martini con una misera oliva, ci mettono a disposizione, come contentino,  un piccolo (o a volte infinito) buffet. Diciamo che da noi gli happy hour si avvicinano, o addirittura coincidono con la formula “All you can eat”.


Gli aperitivi oggi si fanno un po’ ovunque , dalla metropoli al bar scrauso di periferia e con intenzioni diverse: stuzzicare l’appetito e ammazzare il tempo prima della cena (in Italia è cool cenare tardi) o sostituire (w il risparmio) la cena. Coloro che perseguono quest’ultima finalità di solito riempiono più volte il piattino di plastica a loro disposizione costruendo ad ogni viaggio verso il buffet, una sorta di grattacielo di panini, pizzette e stuzzichini vari. Il loro motto è “se non ammazza ingrassa”. La capitale del rito è la Milano da bere dove si lavora e si aperitiva senza sosta!
Nel prossimo post analizzerò le evoluzioni dell’happy hour in Italia e le peculiarità che ha assunto nello Stivale questo rito di diffusione universale. 

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